Recentemente l’agenzia delle entrate italiana si è pronunciata sulla materia delle Cryptovalute e il relativo trattamento fiscale applicabile.

Non entro nel merito di ciò che pensiamo sulla materia fiscale, cosa della quale ci siamo occupati ed espressi in altri articoli, ma vediamo nello specifico di commentare  la risoluzione 72/E pubblicata in data 2 settembre 2016 dall’agenzia delle entrate  con riferimento all’art. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212.

La Risoluzione 72/e nello specifico argomenta quello che una società che fornisce servizi di Compravendita cryptovalute deve fare dal punto di vista fiscale in Italia

 Interpello ai sensi dell’art. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212. Trattamento fiscale applicabile alle società che svolgono attività di servizi relativi a monete virtuali.

Premessa

Cominciamo con dire, per evitare malintesi e fraintendimenti, per tutte le persone che in futuro, per loro natura negativa e votata sempre al sospetto, e in ogni caso per chiarezza per tutti coloro che si approcciamo per la prima volta a questa comunità, che Dinasty of Freedom come comunità e Web Software Evolution ltd come azienda non offrono servizi di Compra vendita cryptovalute conto terzi.

Non ricevono cioè denaro, nè tanto meno lo gestiscono per acquistare e vendere Bitcoin o altre cryptovalute.

Invece quello che facciamo è di offrire una serie di servizi, inclusi nel backoffice e, disponibili a tutti i membri anche free; tramite i quali tutti possono effettuare in modo semplice e agevolato dalle interfacce messe a disposizione dal backoffice,  la compravendita di cryptovalute, Ma questa avviene utilizzando direttamente la disponibilità bitcoin del loro personale conto UPHOLD,  attraverso le varie Virtual Currency cards (VCC)  in esso contenute, utilizzando le API  Uphold, e senza mai usare conti transitori.

Il backoffice sviluppato da Web Software evolution ltd per Dinasty of Freedom si limita ad utilizzare le API Pubbliche offerte da Uphold, senza effettuare alcuna trattenuta di commissione.

Le transazioni nel caso della piattaforma Forex DOF avvengono direttamente nel Conto Uphold del Membro. Il software realizzato sposta da una VCC del membro all’altra i suoi stessi bitcoin.  

Nel caso della Piattaforma exchanger (in sviluppo in questi giorni)  le transazioni di acquisto e vendita Dinastycoin con altre crytpovalute avvengono tra i 2 conti UPHOLD dei 2 membri che effettuano uno l’operazione di messa in vendita e l’altro di acquisto di una cryptovaluta in cambio del Dinastycoin. Sia i dinastycoin che i Bitcoin scambiati sono sempre di proprietà dei membri e non transitano in alcun caso mai in un conto Uphold di Dinasty of Freedom, nè in nessun altro tipo di conto di proprietà Web Software Evolution, che quindi non percepisce alcun ricavo.

 Le commissioni peraltro molto contenute, sono applicate e incassate da Uphold, quando un titolare di Conto Uphold effettua delle transazioni da una VCC all’altra o da un Conto Uphold ad un altro, utilizzando le API pubbliche che sono state integrate nel Backoffice Dinasty of freedom.

Nello specifico poi Web Software Evolution ltd essendo una società Londinese non è soggetta alle normative fiscali italiane, questo a prescindere da ogni considerazione.

L’unica attività che facciamo all’atto di iscrizione di un membro che aderisce ad una delle membership, è di vendere dei Dinastycoin in cambio di Bitcoin, accompagnati anche da tutta una serie di servizi e prodotti digitali, che variano in funzione del costo della membership acquistata con costo una tantum. Tra questi prodotti e servizi realizzati da Web Software Evolution inclusi nelle varie memebrship ci sono ebook (storia delle tasse, cryptovalute per principianti),  software (Sfera gestione aziendale e RistoFlex gestione ristoranti) , una Piattaforma di e-commerce dove i membri possono avere un negozio dove vendere i propri prodotti (B2c B2B e C2C) un servizio di  Wallet on line dinastycoin, Software Wallet Dinastycoin per desktop, Servizio mining cloud Dinastycoin e software Miner dekstop DinastyCoin. Tutti questi prodotti e servizi sono pagati dai membri con l’acquisto di vari livelli di Memerbship e hanno funzionalità che possono variare in base al costo della membership. Incluso nel  costo della memberb ship i membri possono ricevere compensi di affiliazione, effetto leva network.

Ciò premesso veniamo alla risoluzione dell’agenzia delle entrate

Con riferimento alla attività di acquisto e vendita di bitcoin effettuata per conto dei propri clienti, la Società ritiene corretto assumere il seguente comportamento: 

  • ai fini dell’Iva, applicare il regime di esenzione in quanto trattasi di operazioni relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio di cui all’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della Direttiva 2006/112/CE; – 

La prima considerazione importante è che quindi è che non si applica l’Iva in quanto trattasi di operazioni relative a divise

  • ai fini delle imposte dirette, considerare i capital gain (ovvero capital loss) realizzati, ricavi e costi dell’attività caratteristica e, pertanto, farli concorrere, unitamente agli altri costi e ricavi conseguiti, alla determinazione del risultato d’esercizio civilistico e della base imponibile Ires ed Irap. Inoltre, nell’ipotesi in cui la Società detenga in proprio bitcoin a fine esercizio, la stessa sarà obbligata a fornirne adeguata informazione in bilancio, tenendo conto del fair value o valore corrente (come per le valute estere tradizionali). In tale ipotesi, gli utili e le perdite su cambi di natura solo valutativa non assumeranno rilevanza fiscale se non al momento del loro effettivo realizzo; – non assumere il ruolo di sostituto d’imposta nei confronti della propria clientela e, dunque, non applicare alcuna ritenuta di imposta sulle somme corrisposte ai clienti.

Ora quindi appare chiaro che la detenzione di Bitcoin come ovvio non può comportare il pagamento di alcuna tassa, ma occorre certamente considerare il capital gain o capita Loss quando l’acquisto e la vendita dei Bitcoin viene fatta con valute fiat, tipo EURO. Quindi se i bitcoin vengono convertiti in Euro dovresti pagare le tasse, concorrendo a fornire la base imponiile Ires e irap. 

Intanto diciamo che se compri bitcoin per comprare un’altra Cryptovaluta non rientri in questa casistica, fornita dalla risoluzione, la quale prevede sempre acquisto e vendita di Bitcoin utilizzando moneta Fiat

Quello che dice è che se la società ha dei Bitcoin li dovrebbe dichiarare, anche se ovviamente non assumono rilevanza fiscale sino al momento del loro realizzo. La mia considerazione è che chi dichiara all’agenzia delle entrate che ha dei bitcoin o qualsiasi altra cryptovaluta in tasca, è un fesso che pensa ancora da schiavo!.

Considerando inoltre che le cryptovalute essendo anonime non possono essere scoperte da eventuali indagini dell’agenzia delle entrate, difficile perr Bitcoin , impossibile per Dinastycoin. E anche se dovessero scoprire qualcosa non potranno lo stesso applicare sanzioni (e qualunque sanzione si inventassero tal caso sarebbe facilmente opponibile, dato che non esiste una sanzione se ometti di dire che hai delle cryptovalute nella tua dichiarazione). 

e vediamo per intero il parere dell’agenzia delle entrate.

PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Il bitcoin è una tipologia di moneta “virtuale”, o meglio “criptovaluta”, utilizzata come “moneta” alternativa a quella tradizionale avente corso legale emessa da una Autorità monetaria.

La circolazione dei bitcoin, quale mezzo di pagamento si fonda sull’accettazione volontaria da parte degli operatori del mercato che, sulla base della fiducia, la ricevono come corrispettivo nello scambio di beni e servizi,riconoscendone, quindi, il valore di scambio indipendentemente da un obbligo di legge.

Si tratta, pertanto, di sistema di pagamento decentralizzato, che utilizza una rete di soggetti paritari (peer to peer) non soggetto ad alcuna disciplina regolamentare specifica né ad una Autorità centrale che ne governa la stabilità nella circolazione.

Le criptovalute, inoltre, hanno due ulteriori fondamentali caratteristiche. In primo luogo, non hanno natura fisica, bensì digitale, essendo create, memorizzate e utilizzate non su supporto fisico bensì su dispositivi elettronici (ad esempio smartphone), nei quali vengono conservate in “portafogli elettronici” (cd. wallet) e sono pertanto liberamente accessibili e trasferibili dal titolare, in possesso delle necessarie credenziali, in qualsiasi momento, senza bisogno dell’intervento di terzi. 

In secondo luogo, i bitcoin vengono emessi e funzionano grazie a dei codici crittografici e a dei complessi calcoli algoritmici. In sostanza, i bitcoin vengono generati grazie alla creazione di algoritmi matematici, tramite un processo di mining (letteralmente “estrazione”) e i soggetti che creano e sviluppano tali algoritmi sono detti miner. Lo scambio dei predetti codici criptati tra gli utenti (user), operatori sia economici che privati, avviene per mezzo di una applicazione software.

Per utilizzare i bitcoin, gli utenti devono entrarne in possesso: – acquistandoli da altri soggetti in cambio di valuta legale; – accettandoli come corrispettivo per la vendita di beni o servizi.

Gli user utilizzano le monete virtuali, in alterativa alle valute tradizionali principalmente come mezzo di pagamento per regolare gli scambi di beni e servizi ma anche per fini speculativi attraverso piattaforme on line che consentono lo scambio di bitcoin con altre valute tradizionali sulla base del relativo tasso cambio (ad esempio, è possibile scambiare bitcoin con euro al tasso BTC/EURO). 

Con riferimento al trattamento fiscale applicabile alle operazioni relative ai bitcoin e, in generale, alle valute virtuali, non si può prescindere da quanto affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nella sentenza 22 ottobre 2015, causa C-264/14.

In tale occasione, sebbene agli effetti dell’Iva, la Corte europea ha riconosciuto che le operazioni che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale bitcoin e viceversa, effettuate a fronte del pagamento di una somma corrispondente al margine costituito dalla differenza tra il prezzo di acquisto delle valute e quello di vendita praticato dall’operatore ai propri clienti, costituiscono prestazioni di servizio a titolo oneroso.

Più precisamente, secondo i giudici europei, tali operazioni rientrano tra le operazioni “relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio” di cui all’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112/CE.

In assenza di una specifica normativa applicabile al sistema delle monete virtuali, la predetta sentenza della Corte di Giustizia costituisce necessariamente un punto di riferimento sul piano della disciplina fiscale applicabile alle monete virtuali e, nello specifico ai bitcoin.

In ossequio a quanto affermato dai giudici europei, pertanto, si ritiene che l’attività di intermediazione di valute tradizionali con bitcoin, svolta in modo professionale ed abituale, costituisce una attività rilevante oltre agli effetti dell’Iva anche dell’Ires e dell’Irap.

In particolare, ai fini del trattamento Iva, si fa presente che il caso analizzato dai giudici europei (simile a quello descritto nell’istanza in esame), riguarda un soggetto che svolge l’attività di cessione e acquisto di valuta virtuale (bitcoin) in cambio di valuta “tradizionale”.

Il compenso per tale attività è determinato in misura pari al margine che scaturisce dalla differenza (ipotizzando il caso di vendita di bitcoin da parte dell’operatore), da un lato, tra il prezzo che il cliente è disposto a pagare per acquistare una unità di moneta virtuale e, dall’altro, la miglior quotazione del bitcoin stesso disponibile sul mercato.

La Corte, al riguardo, stabilisce: 

  • in primo luogo, che l’attività di commercializzazione di bitcoin deve essere qualificata quale prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso e, inoltre,
  •  che le prestazioni in esame, pur riguardando operazioni relative a valute non tradizionali (e cioè diverse dalle monete con valore liberatorio in uno o più Paesi), “costituiscono operazioni finanziarie in quanto tali valute siano state accettate dalle parti di una transazione quale mezzo di pagamento alternativo ai mezzi di pagamento legali e non abbiano altre finalità oltre a quella di un mezzo di pagamento”. 

Sussistendo tali condizioni, le prestazioni di servizi in esame rientrano nella previsione di esenzione di cui all’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112/CE.

Secondo la Corte, infatti,

“risulta …. che un’interpretazione di tale disposizione secondo la quale essa disciplina le operazioni relative alle sole valute tradizionali si risolverebbe nel privarla di parte dei suoi effetti.

Nel procedimento principale, è pacifico che la valuta virtuale «bitcoin» non abbia altre finalità oltre a quella di un mezzo di pagamento e che essa sia accettata a tal fine da alcuni operatori.

Conseguentemente, si deve concludere che l’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva Iva disciplina anche le prestazioni di servizi come quelle oggetto del procedimento principale, che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale «bitcoin» e viceversa, effettuate a fronte del pagamento di una somma corrispondente al margine costituito dalla differenza tra, da una parte, il prezzo al quale l’operatore interessato acquista le valute e, dall’altra, il prezzo al quale le vende ai suoi clienti”.

Alla luce di tali principi, si deve ritenere, per quanto concerne il caso illustrato con l’istanza di interpello, che l’attività che la Società intende porre in essere, remunerata attraverso commissioni pari alla differenza tra l’importo corrisposto dal cliente che intende acquistare/vendere bitcoin e la migliore quotazione reperita dalla Società sul mercato, debba essere considerata ai fini Iva quale prestazione di servizi esenti ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 3), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

Coerentemente all’inquadramento giurisprudenziale europeo, ai fini della tassazione diretta, si ritiene che la Società debba assoggettare ad imposizione i componenti di reddito derivanti dalla attività di intermediazione nell’acquisto e vendita di bitcoin, al netto dei relativi costi inerenti a detta attività.

Nella fattispecie in esame, in particolare, operativamente:

– in caso di ordine di acquistare, il cliente anticipa le risorse finanziarie alla Società che, effettuato l’acquisto di bitcoin, provvede a registrare nel wallet (“borsellino”) del cliente i codici relativi ai bitcoin acquistati;

– in caso di ordine di vendere, la Società preleva dal cliente i bitcoin e gli accredita, successivamente al completamento effettivo della vendita, la somma convenuta. Il guadagno (o la perdita) di competenza della Società è rappresentato dalla differenza tra quanto anticipato dal cliente e quanto speso dalla Società per l’acquisto o tra quanto incassato dalla Società per la vendita e quanto riversato al cliente. 

Tale elemento di reddito – derivante dalla differenza (positiva o negativa) tra prezzi di acquisto sostenuti dall’istante e costi di acquisto a cui si è impegnato il cliente (nel caso in cui quest’ultimo abbia affidato alla Società l’incarico a comprare) o tra prezzi di vendita praticati dall’istante e ricavi di vendita garantiti al cliente (nel caso di affidamento di incarico a vendere) – è ascrivibile ai ricavi (o ai costi) caratteristici di esercizio dell’attività di intermediazione esercitata e, pertanto, contribuiscono quali elementi positivi (o negativi) alla formazione della materia imponibile soggetta ad ordinaria tassazione ai fini Ires (ed Irap). 

Con riferimento, ai bitcoin che a fine esercizio sono nella disponibilità (a titolo di proprietà) della Società si ritiene che gli stessi debbano essere valutati secondo il cambio in vigore alla data di chiusura dell’esercizio e tale valutazione assume rilievo ai fini fiscali ai sensi dell’articolo 9 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir).

Occorre, quindi, far riferimento al valore normale, intendendosi per tale il valore corrispondente alla quotazione degli stessi bitcoin al termine dell’esercizio.

A tal fine potrebbe ben farsi riferimento alla media delle quotazioni ufficiali rinvenibili sulle piattaforme on line in cui avvengono le compravendite di bitcoin.

Per quanto riguarda, la tassazione ai fini delle imposte sul reddito dei clienti della Società, persone fisiche che detengono i bitcoin al di fuori dell’attività d’impresa, si ricorda che le operazioni a pronti (acquisti e vendite) di valuta non generano redditi imponibili mancando la finalità speculativa.

La Società, pertanto, non è tenuta ad alcun adempimento come sostituto d’imposta.

Resta inteso, che l’Amministrazione Finanziaria ha facoltà, in sede di controllo, di acquisire le liste della clientela al fine di porre in essere le opportune verifiche anche a seguito di richieste da parte della Autorità giudiziaria.

Da ultimo, si ritiene che la Società istante, intenzionata ad esercitare professionalmente l’attività di negoziazione a pronti di valuta, sia assimilabile ai soggetti di cui all’articolo 11, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.

Pertanto, l’istante sarà tenuta agli obblighi di adeguata verifica della clientela, di registrazione nonché di segnalazione ai sensi del medesimo decreto legislativo n. 231 del 2007.

Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.   

in sintesi

Chi lavora con i Bitcoin e altre cryptovalute società o privata senza mai passare dalle valute “tradizionali” non ha alcun onere fiscale di alcun tipo, a meno che  on fa operazioni di acquisto e vendita in cambio di Monete tradizionali. In tal caso deve calcolare il Capital Gain o il Loss Gain e inserirlo nella dichiarazione redditi ai fini Ires e Irap.

concludo ricordando la nostra missione, diffusione delle cryptovalute con particolare riferimento al Dinastycoin, uso delle stesse per acquistare direttamente prodotti e servizi, con una attività di cambio in Valute a corso “illegale” la più ridotta possibile. 

Obbiettivo finale è di usare le Cryptovalute in sostituzione e non come alternativa alle Valute Fiat

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