Quella che segue è il modello di lettera AR che puoi inviare a Equitalia alla sede competente, chiedendo l’illegittimità di tutte le cartelle che hai ricevuto. Se equitalia non risponde entro 275 giorni tutte le tue cartelle decadono e non possono piu’ essere richieste… Eccorre anche verificare che non si possa rientrare anche con la recente legge del Silenzio che parla di 60gg invece di 275....
Sostituisci tutti i dati in rosso con i tuoi puoi se hai più cartelle e avvisi di addebito aggiungile tutte, e in seguito invia una nuova lettera per ogni cartella/avviso che riceverai…
le probabilità che Equitalia ti risponda sono MOLTO BASSE… e in caso lo faccia si può sempre verificare tutte le anomalie che al 90% si possono trovare nelle cartelle per poterle contestare in fase di giudizio… in quel caso dovrai farti seguire da un avvocato competente
A EQUITALIA XXXX
CON SEDE IN XXXXX
Dichiarazione di attestazione di inesigibilità di cartella esattoriale con contestuale richiesta di sospensione immediata delle azioni dell’esattore ai sensi e per gli effetti della legge 228/2012 commi 527-535
Per Cognome Nome (c.f. XXXXXXXXXXXXXXXX), residente a XXXXXXXXX (XXX), Via XXXXXXXXXX n. XXXXXX, mail: XXXXXXX@XXXXX.it
CONTRO LE CARTELLE:
- XXXXXXXXXXXXXXXX, relativa alle seguenti poste debitorie: XXXXXXXXXXX
- XXXXXXXXXXXXXXXXX, relativa alle seguenti poste debitorie: XXXXXX
- XXXXXXXXXXXXXXXXX, relativa alle seguenti poste debitorie: XXXXXXX
- XXXXXXXXXXXXXXXXX, relativa alle seguenti poste debitorie: ; XXXXXXXXXX. ;
- XXXXXXXXXXXXXXXXXX, relativa alle seguenti poste debitorie: XXXXX;
avviso addebito nr.XXXXXXXXXXXXXXX, relativa alle seguenti poste debitorie:XXXXXXX. ;
avviso addebito nr. XXXXXXXXXXXXX, relativa alle seguenti poste debitorie:XXXXXXXX.;
premesso che
1- la pretesa avanzata dall’esattore è infondata per le seguenti ragioni:
motivi
– NON RISULTA CHE L’ATTO E/O L’AVVISO DI ACCERTAMENTO A CUI LA CARTELLA FA RIFERIMENTO SIA STATO SOTTOSCRITTO DA UN DIRIGENTE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE DIVENUTO TALE IN FORZA DI UN CONCORSO PUBBLICO E PERTANTO SIA L’ATTO CHE LA CARTELLA DEVONO CONSIDERARSI GIURIDICAMENTE INESISTENTI COME STABILITO DALLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N. 37 DEL 17.03.2015
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 37/15 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 8, comma 24 del D.L. 16/2012 nella parte in cui tale norma aveva “sanato” le nomine di funzionari dell’Agenzia delle Entrate avvenute senza pubblico concorso.
Secondo la giurisprudenza è lì amministrazione finanziaria a dover dimostrare che il funzionario che firma l’atto aveva il potere di farlo (Cass. 14942/2013).
Pertanto devono considerarsi giuridicamente inesistenti gli atti rispetto ai quali non c’è la prova che siano stati firmati da un dirigente di ruolo.
– SE L’ESATTORE NON E’ POSSESSO DI COPIA DEGLI ATTI SUINDICATI CHE SOSTIENE DI AVER NOTIFICATO AL SOTTOSCRITTO, LE RELATIVE NOTIFICHE SONO GIURIDICAMENTE INESISTENTI COME RIBADITO DALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PADOVA CON SENTENZA N. 841/1/2014 DEL 04.11.14, DALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI MILANO CON SENTENZA N. 3824/25/2014, DAL TRIBUNALE DI SIENA CON RECENTISSIME SENTENZE N. 466/2014 DEL 20.06.14, N. 344/2014 DEL 13.06.14 E N. 331/2014 DEL 12/06/14 E DALL’ORDINANZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE 30.07.13 N. 18252
Una recentissima sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Padova resa in data 04.11.14 e recante n. 841/1/2014 ha accolto in pieno la summenzionata doglianza atteso che Equitalia non aveva prodotto “né in originale né in copia le relative cartelle di pagamento asseritamente notificate alla parte ricorrente”.
La Commissione ha precisato che “Equitalia è tenuta ad esibire, oltre alle ricevute di ritorno delle raccomandate, anche la copia delle cartelle di pagamento, poiché diversamente non vi è prova dell’atto asseritamente notificato né del suo contenuto (importo del credito, titolo del credito, anno di riferimento, esecutività del ruolo, ente impositore, commissione competente per l’impugnazione, ecc.)”.
Il giudice tributario ha aggiunto di ritenere “assorbente rispetto a tutte le contestazioni mosse da parte ricorrente nonché alle controdeduzioni formulate da parte resistente, l’obiettiva mancata produzione delle cartelle di pagamento, essendo queste ultime atti di natura ricetti zia posti a base della procedura di riscossione dei crediti e di cui non viene documentata l’esistenza”.
La Commissione Tributaria Provinciale di Milano con sentenza n. 3824/25/2014 del 25.02.2014 ha altresì stabilito che “Il concessionario per provare il corretto contenuto delle pretese creditorie deve produrre copia della Cartella come previsto dall’art. 26 comma 4 del DPR n. 602/73” non essendo sufficiente la produzione della sola ricevuta di ritorno che: “prova solo il fatto che il contribuente abbia ricevuto un plico ma non assolutamente il suo contenuto”.
Alcune recentissime sentenze del Tribunale di Siena nr. 331/14 del 12/06/14, n. 466/2014 del 20.06.14, n. 344/2014 del 13.06.14 hanno confermato due concetti fondamentali: 1) che la prova della avvenuta notifica della cartella incombe sull’esattore; 2) che le relate di notifica non valgono a dimostrare l’avvenuto recapito della cartella se non sono accompagnate dalla produzione in copia conforme all’originale della cartella stessa.
Più precisamente il Tribunale di Siena ha così argomentato: “ questo Giudice ritiene tale questione assorbente rispetto a tutte le altre argomentazioni addotte da entrambe le parti poiché manca in tal caso la prova – che incombe all’attore in senso sostanziale – che l’atto posto a base della procedura di riscossione del credito tributario sia stato effettivamente ricevuto. Né vale produrre relate di notifica relative a cartelle di cui si omette la produzione in copia conforme all’originale, o estratti di ruolo in luogo delle cartelle stesse, in quanto il contribuente deve essere messo nella condizione di avere piena conoscenza dell’atto che si assume notificato con la relata di notifica e del contenuto dello stesso. La prova della regolarità della notifica si raggiunge solo con la produzione da parte dell’agente della riscossione della copia delle cartelle unitamente alla copia delle relate di notifica”.
Il Tribunale di Siena evidenzia come, ai fini del rispetto e della correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è indispensabile che l’attore si uniformi alla sequenza procedimentale prescritta dalla legge: “pertanto, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce vizio procedurale che comporta la nullità del procedimento. Nel nostro caso il contribuente, facendo valere il vizio di omessa notifica delle cartelle esattoriali, contesta radicalmente la pretesa tributaria e chiede sostanzialmente accertarsi l’inesistenza di tale pretesa”.
Secondo la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano n. 75/26/11 la prova della regolarità della notifica si raggiunge solo con la produzione da parte del concessionario della riscossione della copia delle cartelle unitamente alla copia delle relate di notifica.
Un’altra recentissima sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Genova (Sent. CTP di Genova n. 11/01/12, depositata il 25/01/2012), nell’annullare una serie di cartelle per un importo complessivo di euro 401.233,29, chiarisce che “La Commissione valutate le argomentazioni addotte da ambo le parti, ritiene assorbente rispetto a tutte le contestazioni mosse da parte ricorrente, nonché alle controdeduzioni formulate da parte resistente, l’obiettiva mancata produzione delle cartelle di pagamento, essendo queste ultime l’atto posto a base della procedura di riscossione del credito tributario, atto di natura recettizia di cui non viene documentata l’esistenza”.
I giudici di Genova, dunque, accolgono la tesi del contribuente secondo cui il concessionario non aveva ottemperato agli obblighi previsti dall’art. 26, comma 5 (allora comma 4) del DPR n. 602/73, il quale prevede che “il Concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione”.
Recentissimamente sul punto si è espressa la Corte di Cassazione con ordinanza n. 18252 del 30.07.13 con la quale ha testualmente statuito: “Ben vero, ciò che nella specie di causa si è verificato è che la società Concessionaria ha provveduto – in applicazione del menzionato art. 26 – a notificare la cartella di pagamento con invio diretto della raccomandata postale, la quale ultima (alla stregua di qualunque atto pubblico) fa fede esclusivamente delle circostanze che ivi sono attestate, tra le quali non figura certamente la certificazione circa l’integrità dell’atto che è contenuto nel plico e men che meno la certificazione della corrispondenza tra l’originale dell’atto e la copia notificata. (…) Ciò che esclusivamente rileva ai fini della soluzione della questione qui in esame è che il medesimo giudice ha correttamente evidenziato che sarebbe stato comunque onere del mittente il plico raccomandato fornire la dimostrazione del suo esatto contenuto, sicché, in difetto di ciò, il gravame fondato sul contrario assunto non poteva trovare accoglimento. Sul punto infatti il principio di diritto applicabile si rinviene nella giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. L, Sentenza n. 24031 del 10/11/2006), applicabile al genere delle fattispecie omologhe a quella qui in esame: “ln caso di comunicazione spedita in busta raccomandata e non in plico, ove il destinatario contesti il contenuto della busta medesima, è onere del mittente provarlo (principio applicato in fattispecie in cui il datore di lavoro aveva provato la ricezione della busta raccomandata recante l’invito a riprendere servizio presso sede diversa e la destinataria ne aveva contestato il contenuto. La S.C. ha cassato la decisione della corte territoriale che, non informandosi al principio enunciato, aveva trascurato di enunciare le ragioni per le quali aveva ritenuto pacifico che l’invito a riprendere servizio presso diversa sede fosse pervenuto alla lavoratrice)”.
Da quanto sopra esposto deriva che se l’esattore non è in possesso delle cartelle esattoriali eventuali notifiche sarebbero giuridicamente inesistente e nessun termine avrebbe mai iniziato a decorrere.
– MANCANZA DI UN VALIDO TITOLO ESECUTIVO CHE E’ COSTITUITO DAL RUOLO SOTTOSCRITTO COME PREVISTO DALL’ART. 12 DEL D.P.R. 602/73
Nel caso di specie, il sottoscritto non ha mai potuto esaminare il ruolo, cioè il documento previsto dall’art. 12 D.p.r. 602/73 e pertanto, ove il ruolo non ci fosse, mancherebbe un valido titolo esecutivo in grado di giustificare le pretese dell’esattore.
Riportiamo alcune sentenze: “La mancata sottoscrizione del ruolo da parte del funzionario legittimato ai sensi dell’art. 12 comma 4 d.P.R. n. 602 del 1973, come modificato dal d.lg. n. 46 del 1999, determina l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo perché eseguita sulla base di un titolo non esecutivo” (Tribunale Ascoli Piceno, 01/06/2004).
Ancora: “Il credito esattoriale può essere ammesso al passivo fallimentare soltanto se al ricorso sia allegato il ruolo, risultando insufficiente il mero estratto del ruolo”. (Tribunale Cassino, 04/03/1988).
Il Giudice di Pace di Padova con recentissima sentenza nr. 1347/14 del 21/10/2014 ha così deciso: “per entrambe le cartelle sopra menzionate, infatti, non è stato acquisito agli atti del giudizio il ruolo sottoscritto, mentre quest’ultimo solo se sottoscritto, anche semplicemente in forma elettronica, è suscettibile di acquisire la natura di titolo esecutivo a mente dell’art. 12 dpr 602/73 (in questop stesso senso Cass. Ord. Nr. 2808/2013)”.
Il Giudice di Pace di Treviso, con sentenza n. 109/2014 del 21.07.14 ha accolto un atto di opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., annullando le cartelle, con la seguente motivazione: “Sul punto sarebbe stato compito della convenuta Prefettura di Bologna fornire prova certa e rassicurante in ordine alla esistenza nonché alla regolarità formale del titolo tenuto conto che, com’è noto, il ruolo diventa esecutivo proprio con la sottoscrizione (art. 12 D.p.r. 602/73)”.
Lo stesso giudice ha avuto poi modo di sottolineare che l’onere della prova incombe sull’esattore: “A fronte di tali contestazioni incombeva all’ufficio stesso fornire la prova della sussistenza di detta sottoscrizione trattandosi di fatto costitutivo della pretesa fatta valere con la notificazione della cartella (Cass. 7093/03)”.
– DECADENZA DEL DIRITTO DI RISCOSSIONE DELLE SOMME PRETESE A TITOLO DI IMPOSTE O TASSE PER OMESSO RISPETTO DEI TERMINI DI CUI ALL’ART. 25 D.P.R. 602/73 COSI’ COME MODIFICATO DAL D.L. 17.06.05 N. 106 CONVERTITO IN LEGGE 156/2005
L’omessa rituale e regolare notifica della cartella su cui si fonda la pretesa di Equitalia implica per logica conseguenza la decadenza del diritto a riscuotere le somme azionate con le cartelle esattoriali in contestazione per mancato rispetto dei termini di decadenza di cui all’art. 25 D.P.R. 602/73.
Il termine in questione è assolutamente perentorio: “La sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 2005, nell’enunciare l’addizione del termine finale per la notifica della cartella, ha inteso spostare il baricentro del rapporto tra il contribuente e il Fisco, eliminando ogni interesse ed attenzione in ordine alle attività “interne”, come quella riguardante la formazione del ruolo e la sua consegna all’esattore – concessionario, considerate prive di rilievo nella dialettica del rapporto d’imposta. Ciò che conta, dopo la pronuncia del giudice delle leggi, è che l’attività esterna (la notifica della cartella) venga posta in essere in un termine inderogabile, tale ritenuto dalla Corte costituzionale, e che il legislatore ha discrezionalmente fissato nel nuovo testo dell’art. 25 del d.P.R. n. 602/1973, prevedendo, in particolare, che per le somme dovute a seguito dell’attività di liquidazione ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600/1973 la notifica della cartella di pagamento avvenga, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione fiscale. È pertanto nulla la cartella di pagamento notificata oltre il suddetto termine” (Comm. trib. prov.le Bari, sez. XV, 28/12/2011, n. 207).
Ancora: “È nulla la cartella di pagamento notificata dall’ente concessionario della riscossione oltre il termine di cui all’art. 25 del D.P.R. 602 del 1973, ossia entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo con il passaggio in giudicato della sentenza che aveva deciso sulla relativa impugnazione”. (Comm. trib. prov.le Bari, sez. II, 21/07/2010, n. 113).
– SE LE CARTELLE DI CUI DOVREBBE ESSERE IN POSSESSO EQUITALIA NON FOSSERO MOTIVATE SAREBBERO NULLE
Nel caso di specie, le pretese di Equitalia sarebbero radicalmente nulle se non dovessero essere motivate in modo adeguato.
La motivazione – lo stabiliscono gli artt. 1 e 7 della L. n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente) – è un elemento essenziale di ogni provvedimento impositivo: “Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama”.
Tale vizio inficia gli atti del concessionario per violazione sia dell’art. 7 lg. 212/00 già citato sia dell’art. 3 lg 241/90
– INDEBITA RICHIESTA DELLA SOMMA PRETESA A TITOLO DI MAGGIORAZIONI EX L. 689/81 (CFR. SENTENZA TRIBUNALE DI PADOVA N. 2319/13 DEL 03.10.13 E PARERE DELL’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO N. 328804P DEL 31.07.2013 SEZ IV)
Non sono dovute le somme indicate nel dettaglio debiti e pretese come maggiorazioni ex l. 689/81. Infatti, alle sanzioni, come nella specie stradali, si applica l’art. 203, comma III, C.d.S. che, in deroga alla legge 689/1981, in caso di ritardo nel pagamento della sanzione prevede l’iscrizione a ruolo della sola metà del massimo edittale e non anche delle maggiorazioni de quibus. (Così, tra le altre: Cass. Civ, sez. II, sentenza n. 3701 del 16 febbraio 2007 – doc. 5; ved. anche sentenza Tribunale di Bari nr. 501/2012).
Sul punto si è pronunciato il Tribunale di Padova con la sentenza n. 2319/2013: “Ritiene il Tribunale di condividere quanto affermato dalla Corte nella sentenza n. 3701 atteso non solo che l’art. 203 prevede per il caso di mancato pagamento in misura ridotta nei termini previsti che il verbale costituisca titolo esecutivo per una somma pari alla metà del minimo edittale e non anche per gli aumenti semestrali del 10%, ma altresì perché la norma prevede un’autonoma sanzione per il ritardo nel pagamento e deroga pertanto, in quanto norma speciale, a quanto previsto dall’art. 27 lg. 689/81”.
La questione può considerarsi oggi risolta anche alla luce del parere reso dall’Avvocatura Generale dello Stato con il quale (su sollecitazione di un parere avanzato dalla Prefettura di Novara) l’ente così, testualmente, rispondeva: “l’avvocatura generale dello stato con nota N. 328804P DEL 31.07.2013 SEZ IV che ad ogni buon conto si allega in copia ha riferito che, allo stato, non vi sono motivi per non dare corso a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione posto che l’art. 203 c. III C.d.S. prevede l’iscrizione a ruolo della sola metà del massimo edittale e non anche degli aumenti semestrali del 10%”.
Tutto ciò premesso il sottoscritto
DICHIARA
che la pretesa avanzata dall’esattore è illegittima per tutte le ragioni suesposte e pertanto il relativo credito è inesigibile e chiede l’annullamento dei ruoli e delle relative cartelle mai notificate oltre alla sospensione di ogni azione esecutiva.
Si produce: Cognome Nome
– Copia estratti di ruolo;
– Copia patente di guida o passaporto.
XXXXXXXXX, XX.XX.XXXX